Most Were Silent, libro fotografico di Vittorio Mortarotti e Anush Hamzehian edito da Skinnerboox, affronta i temi della guerra e della distruzione, ma non in presa diretta, piuttosto ponendosi dal punto di vista della memoria e degli effetti a lungo termine. Il punto di partenza è l’esplosione della prima bomba atomica nel deserto del Nuovo Messico, momento in cui la storia giunge a una svolta e l’uomo assume la figura di Dio, potenzialmente capace di operare miracoli (di ridare le vista ai ciechi, come racconta un aneddoto del tempo in cui una donna cieca dalla nascita che si trovava nella zona dello scoppio “vide” il lampo dell’esplosione), ma anche di una distruzione totale e della fine degli eventi. «Sapevamo che il mondo non sarebbe stato più lo stesso», ha detto in un’intervista Robert Oppenheimer, il fisico responsabile del progetto. «Alcuni al momento dell’esplosione ridevano, altri piangevano, la maggior parte delle persone taceva (Most Were Silent)». Il punto di arrivo del libro sono invece le guerre contemporanee, in cui la dimensione distruttiva non cessa di mostrarsi a un grado di intensità controllata. La dimensione quasi mistica che gli scienziati arrivarono ad assumere su di sé nel momento del primo lampo di luce atomico, si fonde così con il tema della cecità e dell’annullamento della materia. Le foto dei luoghi e di oggetti che rimandano a quell’evento, colti nella loro materica presenza quasi senza tempo grazie a un bianco e nero di disturbante splendore, si alternano allora a ritratti di persone prive di vista, dipanando un racconto non lineare in cui invece che il rapporto tra causa ed effetto o tra prima e dopo, domina l’associazione libera e in cui la storia stessa si presenta come una stratificazione di percezioni, di racconti, di versioni dei fatti.
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